Gandino, quei merletti sono opere d’arte

Se mai servisse una conferma del fatto che l’Italia possieda un patrimonio artistico immenso, buona parte del quale, però, ancora pressoché sconosciuto ai più o troppo poco valorizzato, è sufficiente visitare gli edifici storici o i piccoli musei di borghi e cittadine sparse lungo tutto lo stivale. Gandino, comune della Valseriana a una ventina di chilometri da Bergamo, è un esempio significativo di quanta ricchezza artistica si possa concentrare in un piccolo contesto geografico e sociale. Connotata, da secoli, da una forte religiosità e da una spiccata dedizione al lavoro, la comunità identifica ancora oggi nell’imponente Basilica di Santa Maria Assunta e nella parrocchia di Gandino il fulcro attorno a cui ruota la vita sociale del paese. Sin dall’epoca medievale, l’edificio di culto è stato oggetto di numerose elargizioni che hanno permesso alla basilica di dotarsi di importanti opere d'arte e di abbellirsi con paramenti sacri di fattura sempre più raffinata.

Ci sono oltre 300 preziosi merletti dal XVI al XX secolo....

Tali donazioni erano spesso un segno di gratitudine e riconoscenza a Dio da parte alcune famiglie che commerciavano panni lana gandinesi, la cui qualità era apprezzata non solo in Italia ma anche, e soprattutto, nei Paesi della Mitteleuropa. Non si può non citare il casato dei Giovanelli, la cui ricchezza raggiunse un’entità tale da far nascere vere e proprie leggende come quella secondo cui la famiglia avesse il vezzo di mettersi a tavola sedendo su grossi sacchi di monete d’oro.

... provenienti dal territorio ma anche dalle Fiandre...

Ovviamente, oltre alla disponibilità finanziaria, i membri di queste casate possedevano una grande abilità nel riconoscere la qualità dei tessuti e ciò ha consentito l’afflusso a Gandino di manufatti tessili di grande valore provenienti anche da territori lontani come la Francia o le Fiandre. Una raccolta che si è costituita nei secoli e quindi estremamente contestualizzata, molto diversa da tanti assortimenti frutto della mania di collezionismo sbocciata nell’Ottocento tra ricchi aristocratici e borghesi che spesso avevano quale obiettivo il compiacimento personale o l’investimento economico.

Fra i donatori c'è chi usava come sedie sacchi di monete d'oro

I preziosi ornamenti per la chiesa di Gandino e per quelle minori (suppellettili in argento sapientemente cesellato, statue lignee, arazzi, tele e vestiari liturgici) sono invece permeati dalla forte spiritualità che muoveva committenti, acquirenti ed artigiani nella sola direzione del rendere omaggio alla Casa di Dio. Nel 1929 è stato inaugurato il Museo della Basilica al fine di conservare, valorizzare e promuovere la conoscenza del patrimonio storico-artistico proveniente dalla Basilica stessa e dal territorio gandinese. Se l’altare in argento cesellato è da sempre considerato l'opera più rappresentativa della ricchezza del Museo, negli ultimi anni è la collezione di merletti a ricevere l’attenzione di illustri studiosi di livello mondiale e di tanti appassionati provenienti soprattutto dai Paesi del Nord Europa. Effettivamente la raccolta merita di essere molto più conosciuta di quanto lo sia stata sino ad ora: più di 300 preziosi esemplari realizzati tra il XVI ed il XX secolo tra cui spiccano, per quantità e stato di conservazione, quelli in oro e argento realizzati tra la metà del Cinquecento e la fine del Settecento. Una rarità che pone la collezione di Gandino ai vertici mondiali.

53 pezzi sono in oro e argento, realizzati a fuselli

 Quasi tutti i 53 pezzi in oro e argento sono realizzati a fuselli, con l’ausilio del tombolo, in quanto la lavorazione ad ago della fibra metallica risultava estremamente complessa. Il filo d’oro o d’argento era costituito da una sottilissima lamina ottenuta sia da una varietà di leghe e metalli preziosi sia da vero e proprio argento dorato, che veniva avvolta attorno ad un’anima, solitamente di seta. Si trattava di un materiale costoso e prodotto solamente in centri estremamente specializzati, per cui, nel momento in cui il manufatto risultava rovinato o fuori moda, veniva spesso fuso per ricavare il pregiato metallo da rivendere.  Fortunatamente la stessa sorte non è toccata ai capolavori di Gandino, la cui chiesa ha saputo conservare gelosamente questo immenso patrimonio. Molti dei merletti sono ancora magistralmente cuciti ai tessuti originali e numerose trine in metallo sono ancora conservate nelle confezioni originali assieme a paramenti e arredi liturgici. Ciò ha permesso di contestualizzarli e di catalogarli per epoca di realizzazione e luogo di provenienza. Inoltre, in base alla tecnica utilizzata che seguiva le mode in voga in territori differenti, di è potuto stabilire che la maggior parte di essi è di provenienza lombarda, se non addirittura locale, mentre altri provengono dalla zona della Mitteleuropa.

Il lino veniva lavorato su tombolo, su telaio e a mano libera

L’allestimento nel Museo consente di osservare, nelle vetrine superiori, i merletti realizzati con filati di metalli preziosi mentre nei 44 cassetti inferiori sono conservati gli esemplari di lino della stessa epoca. La collezione di lino mostra tutte le tecniche tradizionalmente esistenti nella lavorazione del merletto: su tombolo, su telaio e a mano libera. Meno preziosa la raccolta di prodotti eseguiti tra la seconda parte del XVIII ed il XX secolo, anche se sono presenti alcuni pregiati e rari esemplari dei primi merletti realizzati meccanicamente. In tempi mutevoli e con ritmi esponenzialmente veloci come quelli attuali, scrivere di merletti e pizzi fatti a mano, la cui lunga lavorazione richiede la massima attenzione ed un ritmo adeguatamente lento, può sembrare anacronistico. In realtà stiamo trattando di una vera e propria forma d’arte che necessita di grande abilità, concentrazione, gusto e pazienza: qualità tipicamente muliebri che le congregazioni religiose femminili hanno saputo promuovere e far emergere nelle giovani addestrate, nei secoli, nelle diverse scuole di lavoro, comprese quelle che si sono succedute a Gandino.

Una collezione così avrebbe fatto la gioia di Caterina de' Medici

Il merletto ad aghi nacque a Venezia nel Quattrocento e fu Caterina de' Medici a far conoscere alla corte francese la moda d'abbigliarsi con pizzi preziosi. Nel corso del Cinquecento assunse un ruolo insostituibile nel campo della moda e dell’abbigliamento anche nel resto d’Europa e fu ampliato il ventaglio di tecniche per crearlo. Divenne un segno di distinzione e un simbolo di ricchezza e potere: colletti, polsini, cuffie, fazzoletti e a volte anche interi abiti venivano eseguiti in pizzo. Un ornamento che donava leggerezza anche ai modelli più impegnativi come quelli utilizzati dagli ecclesiastici durante le cerimonie liturgiche. Per non perdere e per divulgare la conoscenza di tale ricchezza culturale, è del 2016 la promozione della candidatura del Merletto Italiano a Patrimonio immateriale dell’Unesco da parte di 18 Comuni italiani, la cui storia è legata alle trine. Tra di essi Orvieto, Bolsena, Cantù e Sansepolcro, solo per citarne alcuni. A sottolineare il desiderio di far rinascere questa antica nobile arte anche in chiave moderna, nel mese di giugno 2016, si è svolta, a Venezia, la prima edizione della Biennale del merletto mentre rimane sempre interessante la manifestazione di Cantù, che dal 1993 vede partecipare artisti e appassionati del pizzo provenienti da tutto il mondo.

Il merletto resterà sempre elegante. Parola di Coco Chanel

Insomma, come sostenne Coco Chanel nel 1939: “… Contrariamente a tanti altri elementi preziosi che, con l’evoluzione industriale hanno perduto gran parte del loro carattere lussuoso, il merletto, adattandosi alle esigenze economiche e industriali del nostro tempo, ha conservato le sue caratteristiche di eleganza preziosa, di leggerezza e di lusso …”. La sezione di Arte Sacra del Museo della Basilica è aperto tutte le domeniche dalle 15.00 alle18.00 da marzo ad ottobre. http://www.gandino.it/museobasilica

Testo realizzato da Elisabetta Longhi per www.ilmadeinbergamo.it. Le foto sono pubblicate su gentile concessione del museo della Basilica di Santa Maria Assunta. 

2 Risposta

  1. Grazie a Elisabetta Longhi. Tutte le info sul museo Diocesano di Gandino sono indispensabili per conoscere meglio il museo più bello che c’è in Italia. Mi auguro di poter venire presto a visitarlo per la sua straordinaria ricchezza.

  2. Elisabetta Longhi

    Grazie infinite! È davvero un museo bellissimo ma, ahimè, ancora troppo poco conosciuto.

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