San Tomé, angeli e demoni vegliano sui segreti

Monaci, pellegrini e cavalieri intenti a pregare in un luogo semioscuro, circondati da canti gregoriani, animali fantastici, figure demoniache ed angeliche, croci e strani simboli alle pareti. L’atmosfera mistica e misteriosa che, tra il X ed il XIII secolo, si respirava negli edifici di culto doveva essere più o meno questa. Siamo in pieno Medioevo e il periodo artistico, espresso soprattutto attraverso l’architettura sacra, è quello del Romanico. Ampiamente diffusa sul territorio italiano, l’arte romanica ha trovato rispondenza nella Bergamasca con varie definizioni architettoniche che non solo primeggiano in ambito regionale e nazionale, ma sono anche in grado di suscitare l’interesse di estimatori di ogni parte del mondo. Tra di esse spicca, per particolarità e unicità, la Rotonda di San Tomé di Almenno San Bartolomeo, a una manciata di chilometri da Bergamo. Immersa in un ambiente naturale e arroccata sul dirupo creato dal Tornago, il torrente che scorre a valle, San Tomè (o Ecclesiae Sanctae Tomei) appare immediatamente al visitatore come un edificio assolutamente non comune, grazie alla sua forma circolare a tre piani concentrici sovrapposti che si restringono dal basso verso l’alto. Tuttavia è l’osservazione dei dettagli a far comprendere che si è di fronte a una sorprendente testimonianza di grande valore architettonico, culturale e storico. La raffinata costruzione è costituita da pietre squadrate di roccia calcarea bianco-rosata, di provenienza locale, disposte a corsi regolari. Le strette aperture, sapientemente lavorate, e il pregiato impianto decorativo scolpito sono opera di mani estremamente esperte, di menti dotte, depositarie di preziose nozioni dell’arte edile che soltanto corporazioni chiuse e gelose delle proprie conoscenze, come quella dei Maestri Comacini, potevano possedere.

Perché il Nodo di Salomone sulla lunetta? E perché un'acquasantiera all'esterno e troppo in alto?

Tutto ciò che si presenta ai nostri occhi è frutto di un paziente lavoro di scalpello e maglietto, di regolo graduato e di compasso: dagli splendidi archetti intrecciati alle lesene poste a intervalli regolari, dalle ricche cornici del portale d’ingresso alle figure umane scolpite in rilievo, da San Tommaso effigiato con la sua palma e la spada al Nodo di Salomone, il simbolo araldico noto anche come Nodo di Bowen e diventato famoso grazie all'informatica per la sua presenza sulle tastiere dei computer Apple, sulla stessa lunetta. Nodo di Salomone? Perché l’utilizzo di un simbolo così antico e scarsamente riconducibile al culto cristiano? Perché la monofora verticale posta sopra il portale di accesso, anch’esso troppo ampio e alto per l’equilibrata armonia dell’edificio, mostra di essere stata deliberatamente spostata e posta fuori asse? Che si tratti di un errore di calcolo nella costruzione? E che dire dell’acquasantiera posizionata all’esterno e troppo in alto rispetto all’altezza media della popolazione del tempo che non raggiungeva il metro e cinquanta? Cominciano a farsi strada molti quesiti. Varcato l’ingresso, si entra in un luogo d’intensa sacralità, coinvolgente, magico e di grande armonia architettonica. L’attenzione viene da subito attratta verso l’alto, alla parte più luminosa, e viene indotta a percorrere tutto il matroneo per poi scendere a fissarsi sulle otto colonne monolitiche nell'aula centrale, sette circolari ed una ottagonale. Tutte presentano capitelli geometrici differenti tra loro e la stessa impostazione si ritrova al piano superiore, nel matroneo. Il numero otto gioca un ruolo non trascurabile nella simbologia medievale: richiama l’infinito e la Creazione per i cristiani mentre, per gli ebrei, evoca l’Apocalisse.

Perché sui capitelli sono raffigurate sirene con coda biforcuta e l'Araba fenice?

Interessanti, inoltre, i richiami pagani raffigurati nei capitelli delle colonne considerate le più importanti come quelle che introducono all’abside: sirene con coda biforcuta che richiamano il mito di Ulisse e la rappresentazione dell’Araba fenice. Allo stesso modo, sul più ricco dei capitelli del matroneo è raffigurata la storia biblica di Tobia, protettore di pellegrini e viandanti, molto richiamata nella religione ebraica e pochissimo in quella cristiana. A questo punto la curiosità prende di nuovo il sopravvento e l’occhio corre a contare sette nicchie vuote nell’aula principale. Che funzione potevano svolgere? Non sembrano sufficientemente profonde per ospitare statue. Inoltre, se vi fossero state contenute delle reliquie, i documenti parlerebbero di pellegrinaggi e venerazioni particolari, senza contare che si saprebbe di un loro eventuale trafugamento. Non è dato sapere nulla. La loro posizione fa ritenere che potessero accogliere una persona seduta (o anche in piedi). Con quale scopo? Tutti questi interrogativi se li sono posti anche alcuni studiosi contemporanei. Tra di essi, il professor Adriano Gaspani, dell’Istituto Nazionale di Astrofisica dell’Osservatorio Astronomico di Brera, il quale, dopo anni di osservazione, ha messo a disposizione della collettività il frutto dei suoi preziosissimi studi. La scintilla che ha fatto scattare un nuovo interesse per San Tomé, risale al 20 giugno del 1997, alle 16,30, quando il custode della chiesa ha notato che un raggio di sole proveniente dalla monofora centrale illuminava, nell’oscurità dell’ambiente, il tabernacolo posto sull’altare. Una meraviglia scoperta accidentalmente in un edificio costruito secondo i dettami del Romanico che non lascia nulla al caso. In quel giorno cadeva il solstizio d’estate e si aprivano scenari inaspettati. In assenza di una datazione e di notizie certe sulle maestranze che realizzarono l’edificio, gli studiosi hanno ricercato e analizzato le fonti scritte conservate nell'archivio della Curia Vescovile di Bergamo. Da esse si comprende come la sorte di San Tomé sia legata a quella dell’annesso monastero femminile. Fondato nel 1203 e di proprietà dell’Episcopato di Bergamo, il monastero fu colpito da uno scandalo in piena regola: nacquero almeno due bambini al suo interno e i successivi processi alle monache sono risultati preziosissime fonti di informazione anche sulla chiesa che, a quel tempo, rivestiva la funzione di cappella monastica riservata.

Dopo essere stata utilizzata come deposito per attrezzi, la struttura venne riscoperta e ristrutturata alla fine dell'800

A causa della crisi economica del periodo, nel XV secolo il monastero venne soppresso. Solo con la nascita del Regno d’Italia la chiesa tornò sotto i raggi dei riflettori grazie all’intervento di recupero dell'architetto Elia Fornoni, nominato dalla Sovrintendenza ai Beni Culturali, che alla fine dell’800, riconoscendo la valenza della struttura (all’epoca adibita a deposito per attrezzi agricoli), iniziò un’azione di salvaguardia architettonica, anche se non proprio conservativa. Altro punto di partenza per lo studio sono stati gli scavi che hanno fatto emergere cinque fasi costruttive distinte: una d’epoca romana (importantissimo il rinvenimento della tomba di un veterano dell’esercito di Giulio Cesare), una d’epoca longobarda (VIII secolo d.C.), la terza, che fece da base per l’attuale edificio ultimato fra l'XI e il XII secolo (fasi quarta e quinta). Tutte le fasi edificatorie rispecchiarono, grosso modo, la configurazione strutturale iniziale: un’aula centrale circolare, del diametro di circa 5 metri e absidi di forme differenti. Il professor Adriano Gaspani notò che l’abside era rivolta verso oriente in tutte le fasi costruttive, coerentemente con la simbologia cristiana (orientamento cosiddetto equinoziale), ma non riusciva a spiegarsi il perché convivesse con quello solstiziale in un unico edificio. L’equinozio (uguale lunghezza di notte e giorno) veniva contrapposto al solstizio (il Sole raggiunge la massima o la minima altezza sull’orizzonte), associato dalla Chiesa di Roma alla volontà egoistica dell’uomo che, contando sulle sue sole forze e su un concetto di potere terreno e materiale contrapposto a quello spirituale, si erge esso stesso a divinità sfidando Dio. Da rilievi topografici e grazie all’utilizzo del Gps, Gaspani comprese che l’unica colonna ottagonale dell’edificio si trova in un punto astronomicamente significativo, in quanto attraversata dal meridiano astronomico locale in direzione della Stella Polare.

Il centro esatto della chiesa è il punto di intersezione fra due direttrici celesti

Tenendo presente la direzione solstiziale estiva, stabilita dall'asse del presbiterio, ne risulta che le due direttrici celesti s’intersecano al centro esatto della chiesa. In questo preciso punto convergerebbe tutta l’energia astrale e chi vi si posiziona la sentirebbe fluire attraverso il proprio corpo il quale, a sua volta, reagirebbe con formicolii, leggeri giramenti di testa o lieve sensazione di perdita d’equilibrio. Risulta quindi evidente che gli architetti progettisti di San Tomé abbiano osservato anche il movimento di differenti astri della volta celeste per la realizzazione e l’orientamento della costruzione romanica. Il loro substrato culturale, quindi, deve essere stato strettamente legato al mondo druidico celtico-irlandese. Unendo i risultati dell’indagine storica a quelli dell’osservazione astronomica, il professor Gaspani ha ipotizzato che il raggio di luce solstiziale andasse a illuminare una pietra o un altro oggetto venerato prima che vi fosse posto l’Ottocentesco altare di fornoniana memoria. Ecco, allora, che appare il significato del termine Tempio per ricordare quello del Santo Sepolcro di Cristo a Gerusalemme e, di tale guisa, si spiegherebbero l’altezza dell’ingresso e dell’acquasantiera, misurate non in base all’uomo ma al cavallo con cavaliere.

Tutte queste particolarità fanno pensare a un collegamento fra San Tomè e l'Ordine del Tempio

Ed ecco chiarita anche la presenza del Nodo di Salomone. In mancanza di documenti, fino ad oggi, non si è potuto né smentire né confermare l’eventuale connessione tra San Tomè e l’Ordine del Tempio, i Templari per capirci. Ricerche d'archivio hanno però portato alla luce tre diversi documenti testamentari, con tanto di estremi identificativi dei donatori e dei beneficiari, che citerebbero la chiesa del Tempio e il relativo Ordine cavalleresco. A Bergamo è documentata la presenza di un Collegio dei Crociati e di una domus Templi, citati in un testamento (Girardo Moizoni) del 1160, che prevede anche un lascito per San Tomè. È sicuramente una strada da approfondire, chiarire ed investigare e appare molto, molto intrigante. Nel 2001 è stata istituita nell’antico monastero l’Antenna Europea del Romanico, associazione nata allo scopo di salvaguardare e di promuovere il ricco patrimonio romanico della zona e che conta, tra i propri soci, altre importanti realtà spagnole e francesi. Oggi sono molti i turisti, anche stranieri, che giungono per ammirare i raggi solstiziali ed equinoziali e che si lasciano incantare dalla bellezza unica e misteriosa del Tempio di San Tomé, assorbendo, più o meno inconsapevolmente, l’energia del cosmo.

Testo realizzato da Elisabetta Longhi per www.ilmadeinbergamo.it

4 Risposta

  1. Massimo

    Complimenti signora Longhi, articolo molto interessante ed esaustivo, quando andrò a visitare San Tome’ utilizzerò il suo articolo come approfondimento alle guide locali. Grazie

    • Elisabetta Longhi

      Mille grazie signor Massimo.

  2. Clelia Pressato

    Io ho celebrato il mio matrimonio nel 1977 è stata un’emozione affascinante in quella chiesa.

  3. Giovanni

    Che spettacolo! Sono di Bergamo, ho 41 anni e non ne conoscevo l’esistenza!!!!! Mea culpa mea grandissima culpa….. In che giorni e orari è visitabile? Grazie

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