Celeste Bianchi. Basta questo semplice accostamento di due termini  in  contrasto tra loro per far capire quale livello di fama e autorevolezza ha raggiuto questa azienda che da oltre 130 anni produce le biciclette più ambite del globo. Il progresso tecnologico, l’abbassamento dei costi di produzione legato alla globalizzazione, i miglioramento nelle dinamiche del business hanno sicuramente aumentato la qualità della concorrenza, ma il fascino indissolubile e la storia scolpita nella dura roccia di cui è fatto il ciclismo non lasciano adito a dubbi. Una Bianchi è una Bianchi e lo sarà sempre. Al punto che la livrea che da sempre ha contraddistinto questo straordinario cavallo meccanico, quel particolarissimo azzurro che tanto sembra un verde, è diventato il Celeste Bianchi. Con lei hanno vinto Coppi, Gimondi, Pantani Quando si vuole spiegarlo, quel colore, si chiede all’interlocutore di visualizzare una bicicletta Bianchi, si chiede di farsi tornare in mente le imprese dei tanti cavalieri che hanno saputo spingere davanti a tutto le ruote di queste straordinarie macchine da gara: Fausto Coppi, per esempio, Felice Gimondi, poi, e Marco Pantani, l’ultimo di una serie di campionissimi. L’unico, probabilmente, che sarà ricordato a colori visto che Coppi e Gimondi vincevano in bianconero. La storia della Bianchi inizia a Milano, al numero sette di via Nirone, la strada che da qualche anno è diventata anche un modello dell’azienda. Il suo fondatore, Edoardo, è uno dei tanti giovani usciti dai Martinitt, l’istituto milanese che sosteneva i piccoli orfani. Come tanti, Edoardo diventa un imprenditore importante […]