Essere a casa, tornare a casa, sentirsi a casa … Sono tutte espressioni che indicano quanto il luogo in cui si abita possa regalare un rassicurante senso di protezione e di intimità che, isolandoci dal resto del mondo, ci permette di creare un microcosmo che diviene nido e specchio della nostra personalità. Si può immaginare la casa di un artista contemporaneo come ricca di colori, forme e materiali originali, mentre l’abitazione di un ingegnere sarà lineare, squadrata, probabilmente total white e quella di una famiglia numerosa, estremamente disordinata, caotica e vivace. In realtà la psicologia ci insegna che, in casa, è l’animo dei suoi abitanti a emergere, indipendentemente dalla loro professione e dal loro ruolo sociale. Bando, quindi, agli stereotipi e andiamo a scoprire la residenza di uno dei più illustri personaggi storici a cui la terra bergamasca ha dato i natali: Bartolomeo Colleoni. Il Colleoni (1400-1475) fu probabilmente il più’ celebre capitano di ventura del XV secolo. Abile condottiero, uomo d’armi e signore della guerra, abituato a sangue, morte, violenza e ferocia, scelse come dimora per sé e per la propria famiglia ovviamente una fortificazione. Risalente al 1300 e quasi interamente distrutta, la dimora riprese vita a partire dal 1456 quando Bartolomeo la acquistò dal Comune di Bergamo e ne dispose non solo la ristrutturazione e il rafforzamento ma anche l’attenta decorazione degli interni e l’abbellimento di ogni sala. Al termine dei lavori, il castello di Malpaga si presentò come un’inespugnabile fortezza che proteggeva, al suo interno, una magnifica residenza: una scorza dura e coriacea a salvaguardia di un interno delicato e fragile, vera e propria metafora della figura di Bartolomeo Colleoni. Mercenario e valente generale (fu a lungo comandante dell’esercito della Serenissima Repubblica di Venezia) ma anche fine politico, stratega, amante della cultura, egli incarnò l’uomo del Quattrocento nel senso più autentico del termine. Come tutti i “principi” rinascimentali, intese manifestare ed affermare il prestigio conquistato, attraverso opere tangibili, rappresentative della sua sensibilità nei confronti della cultura, dell’arte, dell’incessante ricerca del bello, che si espressero in un fiorente mecenatismo e nel sostegno per la costruzione di importanti opere edili in terra bergamasca. A lui si devono l’edificazione del monastero presso la Basella di Urgnano, l’ampliamento di altri due a Martinengo, la realizzazione della chiesa e del borgo di Romano di Lombardia, la creazione dei bagni sulfurei di Trescore Balneario e l’edificazione della roggia della Misericordia a Fara Gera d’Adda oltre che il restauro dei castelli di Solza e di Cavernago. Situato ad una manciata di chilometri dal capoluogo, in uno splendido contesto di campi coltivati, rogge e cascine, il castello di Malpaga svetta nella pianura con la sua costruzione imponente, complessivamente di forma quadrata, circondato da due cinte murarie e da un fossato. Conserva ancora i merli e la torre castellana, dalla quale l’occhio può spaziare fino a Bergamo, alle Prealpi Orobiche e alla distesa della piana solcata dal fiume Serio. All’esterno del fabbricato, costruito con ciottoli alternati a masselli in cotto, sorgono quelle che erano le abitazioni delle truppe e dei dipendenti: una caratteristica rara per una fortificazione difensiva che sottolinea l’intento del Colleoni di ingentilire l’intero complesso realizzando una vera e propria corte che, nel tempo, divenne effettivamente una reggia fastosa tra le più brillanti dell’Italia superiore. Attraversando un ponte levatoio ligneo, si accede al cortile interno ed è proprio in questo punto che il castello si manifesta tutta la sua bellezza. Circondato su tre lati da portici ad arco sorretti da robuste colonne in pietra, vi si trovano affreschi, purtroppo molto deteriorati, che narrano i fatti d’arme salienti della vita del condottiero. Tra di essi spicca, sulla parete di fronte all’ingresso, quello raffigurante la battaglia della Riccardina, combattuta dal Colleoni alle porte di Bergamo Alta, per la cui realizzazione, ad opera del celebre Romanino, vennero chiuse perfino due finestre del salone d’onore al primo piano della dimora. Con il suo splendido ciclo pittorico, straordinariamente integro, che testimonia la grande ospitalità con cui il Colleoni seppe accogliere il re di Danimarca Cristiano I, di passaggio durante il suo viaggio verso Roma, il salone d’onore è un tripudio di colori e raffigurazioni. Ciò che colpisce è la particolarissima capacità descrittiva: il sovrano arriva a castello, con gran dispiegamento di soldati, fedelmente ritratti nei differenti abbigliamenti militari, e assiste a un torneo in cui i cavalieri si muovono tra preziosi drappi colorati, stendardi e lance. Un’altra parte raffigura la scena dello sfarzoso banchetto, allietato da musici, in cui le donne sfoggiano i loro abiti eleganti e gli uomini sono intenti a dialogare mentre tutti, bambini compresi, mangiano … con le mani. Un particolare non può sfuggire ad un osservatore attento: nell’angolo sopra al camino, tra gli inservienti che portano piatti colmi di cacciagione, è rappresentato l’assaggiatore che aveva il compito di proteggere il condottiero da tentativi di avvelenamento, triste usanza molto in voga ai tempi. Due scale di mattoni conducono al piano superiore dove si trova il bellissimo loggiato, affrescato con scene di scontri navali tra turchi e cristiani e paesaggi agresti, lacustri e marini. Da qui si accede a una serie di sale destinate alla vita quotidiana, decorate con rappresentazioni di gusto cortese del secondo Quattrocento raffiguranti dame e cavalieri, scene di vita cittadina ed immagini devozionali. La prima sala, la più imponente, riporta una decorazione poco leggibile ed emersa negli anni cinquanta del Novecento, in seguito allo strappo degli affreschi sovrastanti. Questi ultimi, trasferiti su tela, sono conservati nel salone “degli Affreschi” e raffigurano una serie di misteriose figure allegoriche, che esprimono il lato più “umanista” del Colleoni. Spicca fra tutte l’immagine di un vecchio barbuto, il Silenzio, dote di vitale importanza all’interno delle mura del castello, dove si viveva in costante apprensione per la vita del signore. L’apprensione e la paura di subire agguati furono una pesante compagnia per tutta la vita del condottiero e questo clima di vigile terrore si respira chiaramente attraversando una porticina posta al fondo della sala e che conduce alla stanza da letto di Bartolomeo. Piccola, disadorna, buia e l’unica del castello a non possedere un camino: la più fredda in tutti i sensi. Egli dormiva accanto alla scala segreta, che in caso di agguato avrebbe sceso a precipizio, praticamente seduto, “con un occhio aperto”, impugnando la spada. Solo un prezioso quadro della Madonna con il Bambino lo accompagnava nelle lunghe notti spesso trascorse insonni. Anche la costante preghiera e l’amore per la famiglia lasciavano trasparire il lato tenero di un uomo che al resto del mondo doveva a tutti i costi apparire forte e coriaceo. Alla sala dei bambini, o sala di Ercole, Bartolomeo dedicò infatti particolare attenzione. Sulle pareti si possono individuare tre strati di affreschi sovrapposti: quello più antico, con semplici motivi a rombi bianchi e neri, il secondo, in cui campeggia la scritta Deo Duce (a sottolineare la sola autorità alla quale il Colleoni poteva sottomettersi) ed infine i lacerti di Storie di Ercole, le più variopinte, le più allegre, le più adatte ai suoi bambini. Bartolomeo morì proprio nel suo letto a Malpaga e fu sepolto nella Cappella votiva che aveva fatto costruire lungo un lato della Basilica di Santa Maria Maggiore, nella sua Bergamo, accanto all’amata figlia Medea, morta in tenera età. Il Colleoni fu quindi un sensibile mecenate, capace di amare, o un rude guerriero che il Verrocchio rappresentò nel suo monumento equestre situato di fronte all’Ospedale di San Marco a Venezia, suggerendone una personalità più avvezza ai campi di Marte che alle raffinatezze culturali e umane in genere? Solo una visita alla sua casa, il Castello di Malpaga, potrà suggerirci una risposta.
Testo realizzato da Elisabetta Longhi per ilmadeinbergamo, foto Dimitri Salvi