Nella piccola sartoria, con la vetrina affacciata a metà di via Divisione Tridentina a Bergamo, si tagliano e si cuciono stoffe per realizzare un nuovo capo d'abbigliamento, si “allargano” o “stringono” giacche e pantaloni, si rammendano strappi in camice e maglioni. Ma nella stanza adibita a laboratorio dalla Dressing Piuma srl, “sartoria sociale”, come sottolinea subito l'amministratrice Alessandra Gabriele che l'ha creata “nel 2024 come società benefit per fornire un sostegno in più all'associazione di promozione sociale La Terza Piuma aps”, si fa molto di più: si ricuciono le ferite subite da donne che hanno subito maltrattamenti o peggio, da giovani e anziani “fragili”, spesso in difficoltà nel “ritagliarsi” una professione, un futuro.
Imparare un mestiere aiuta le persone più fragili a ritagliarsi un futuro migliore...
“Strappi nel cuore e nell'anima" che vengono rattoppati proprio imparando un mestiere, quello del sarto, lavorando fianco a fianco con altre persone cui il destino non ha risparmiato spesso fatica e sofferenza, ma anche con compagno di lavoro, e straordinario insegnante, un “asso” del taglio del cucito, un sarto oggi in pensione che, venuto a conoscenza delle finalità di quella piccola - ma sotto l'aspetto umano grandissima -sartoria, non ha esitato un solo istante a offrirsi volontario per trascorrere una mezza giornata con le sue allieve e allievi, per mettere a disposizione la propria arte, la propria esperienza.
... soprattutto se a insegnare c'è un grandissimo sarto, dalle mani e dal cuore d'oro
Lui, "il sarto dalle mani e dal cuore d'oro”, come è stato presentato sulle pagine dell'edizione bergamasca del Corriere della Sera, si chiama Paolo Manolatos, ha 80 anni compiuti e ogni mercoledì mattina esce dalla propria abitazione di via San Bernardino per raggiungere la via alle spalle della sede dell'Aci di via Angelo Maj e cominciare la “lezione”, controllando, dal taglio alle cuciture, dalla scelta dei bottoni messi sulla giacca alla toppa scelta per il gomito un po' liso di un bel maglione, i “compiti” fatti da allieve e allieve, ma anche sedendosi al loro fianco per aiutare a “smaltire” un po' di lavoro che, con Natale ormai alle porte, è sensibilmente aumentato.
Le shop bags cucite con i ritagli di camice sono un'idea unica per i negozi...
Cucendo per esempio i ritagli di stoffe per camicie a righe di diversi colori e dimensioni donati alla sartoria sociale dal cotonificio Albini per ricavarne delle “shop bag” che una cliente, il panificio Marchesi di via Borgo Palazzo, “forno” che realizza autentici capolavori di bontà fra cui un pluripremiato panettone (clicca qui per leggere l'articolo) ha commissionato per lanciare i suoi nuovi prodotti proprio “sotto l'albero”.
... oltre che un perfetto esempio di economia circolare, di recupero e riuso
Una “commessa” importante: centinaia di “pezzi” che rappresentano il miglior esempio di”'economia circolare, di recupero e riuso e dunque di produzione a basso impatto ambientale, cucendo bellissimi tagli di cotone a righe di diversi colori, dalle più sottili alle più larghe, destinate a diventare un “sacchetto unico” capace di raccontare in un colpo solo il “brand” del committente e il ruolo “sociale” che anche la scelta di far realizzare una semplice shop bag può rappresentare. Una soluzione decisamente apprezzata da più d'un'elegante signora che ha deciso di varcare la soglia di quella sartoria, così come molti altri clienti, proprio sapendo così di sostenere un intero percorso che si autofinanzia e che aiuta persone in difficoltà, offrendo loro la possibilità di imparare un lavoro. E felicissima di far aggiungere alle riparazioni per le quali era entrata la realizzazione di un nuovo abito dopo aver scoperto, non senza sorpresa, che a “sovrintendere” ai lavori più importanti c'è lui, Paolo Manolatos, sarto con alle spalle un'intera vita trascorsa realizzando abiti da sogno per le clienti della grande borghesia milanese (ma con decine di clienti anche in altre città italiane e persino in Francia), su modelli dei più straordinari stilisti. Capi di cui conserva decine e decine di “esempi” sul proprio telefonino che questo omone di oltre 100 chili di peso, dal sorriso che emana empatia a fiumi e dagli occhi capaci d'illuminarsi come quelli di un bambino, accetta di mostrare quasi imbarazzato all'idea di “esibire” tanto lusso in un contesto così "diverso".
Il "maestro"? Ha lavorato su modelli di Saint Laurent e Dior, Givenchy, Chanel, Ungaro...
Fotografie di giacche e tailleur, cappotti ma anche abiti da sposa che Paolo Manotatos, come scrive il Corriere della Sera, “ ha realizzato per decenni su misura per le più eleganti signore della borghesia italiana e non solo su modelli di Saint Laurent e Dior, Givenchy, Chanel e Ungaro” realizzati con i più pregiati cashmere e tweed, con l'amatissima crepe marocaine, dalla trama increspata, dalle georgette, uno chiffon particolarmente pesante. Capi che Paolo Manolatos, nato (a Milano da famiglia originaria di Itaca e diventato bergamasco d'adozione a 5 anni dopo che il padre aveva trovato lavoro alla Dalmine) con nel dna il gusto dell'eleganza, (“forse ereditato”, come racconta divertito , “ dalla bisnonna diventata compagna di Pachà Pavlos Draneht, l'uomo che convinse Giuseppe Verdi a comporre l'Aida per celebrare l'apertura del Canale di Suez”), ha cominciato a realizzare “dopo 20 anni vissuti da ragioniere amministrativo ma realizzando già, nei ritagli di tempo, abiti per le colleghe. Abiti diventati via via sempre più affascinati grazie alla frequentazione delle sfilate di moda a Milano in via Ciovassino, nel cuore di Brera, dove lui e altri giovani sarti acquistavano i cartamodelli di grandi stilisti per creare pezzi unici per clienti che desideravano il modello francese ma non in vendita nei negozi. Come quello realizzato “con tre metri di tessuto costato, oltre 40 anni fa, quasi tre milioni”, come aggiunge Paolo Manolatos, abbassando istintivamente il tono di voce al pensiero che nella sartoria sociale con quella somma si potrebbero fare un sacco di cose, aiutare tante persone in difficoltà.
Il sorriso d'una allieva che si "cuce addosso" un futuro è la più grande ricompensa
Persone alle quali ogni mercoledì mattina ha accettato d'insegnare gratuitamente senza neppur voler sentir pronunciale la parola “ricompensa”, perché a ricompensarlo bastano bastano i sorrisi delle sue allieve e dei suoi allievi, i progressi fatti da ognuno con forbici e ago o filo in mano, alla macchina per cucire. Perché il sorriso di una ragazzina che ha portato a termine il suo compito ed è stata “promossa”, diventando alla stesso tempo una promessa per un futuro professionale, è semplicemente impagabile. Per Paolo Manolatos così come per Alessandra Gabriele che si coccola con lo sguardo il suo nuovo insegnante, “il cui “ingresso in squadra”, afferma, “è stato un momento bellissimo, speciale per il laboratorio sociale, dove formiamo studenti di entrambi i sessi ma dove ospitiamo anche persone fragili o con disabilità dando loro un luogo in cui poter crescere, lavorare e creare qualcosa di bello e soprattutto di utile”.
Tutto qui è speciale. Compresa la clientela attenta a una scelta etica e sostenibile
Speciale come anche “ la clientela, attenta a una scelta etica e sostenibile”, e dunque in perfetta sintonia con un'altrettanto speciale sartoria “che lavora soprattutto per donare nuova vita a stoffe e filati, creando capi con tessuti di riciclo o di recupero provenienti spesso dalle eccedenze di aziende tessili, da scarti per errori di stampa o da ultimi pezzi di lavorazione”. Speciale come può esserlo solo una storia capace di ricucire allo stesso tempo "strappi nei tessuti e nel cuore e nell'anima", grazie a una sartoria diversa da tutte le altre; speciale come il suo insegnante incapace, come confessa prima di congedarsi per risedersi davanti alle shop bags da finire di cucire impreziosite dal marchio del cliente ricamato, di restare “ anche solo un giorno senza ago e filo”. I suoi fedelissimi compagni di lavoro di tutta una vita , così come le vecchie forbici con cui a mezzanotte inoltrata, il giorno prima della della nuova “ lezione”, ha finito di tagliare le stoffe da consegnare come nuovo compito alle sue allieve. Per aiutarle possibilmente a “ritagliarsi” e a “cucirsi addosso” un futuro migliore. Per rammendare gli strappi, a volte laceranti, che la vita ha riservato loro. Ferite un milione di volte più profonde di quelle sugli abiti che si ritrova ad aggiustare, ma assolutamente rammendabili. Magari in modo straordinario, come forse nessun altro potrebbe fare. Grazie a una piccola grandissima sartoria e a un “maestro” che per decenni ha tagliato e cucito la materia prima più straordinaria che esista: la passione. In questo caso per l'eleganza, la bellezza, il comfort puntualmente presenti in ogni capo.