Quella che stiamo per raccontare potrebbe essere la trama di un romanzo della scrittrice britannica Jane Austin, condito con le vicissitudini di svariati personaggi e che termina sempre con un lieto fine. L’ambientazione è la Bergamo dell’inizio Ottocento e i protagonisti sono: il Teatro Sociale, gli aristocratici, i ricchi borghesi, i migliori architetti, artigiani e decoratori del tempo. La storia nasce dal desiderio di un folto gruppo di nobili e borghesi bergamaschi di restituire alla Città Alta quella supremazia che la costruzione del Teatro Riccardi (l’attuale Teatro Donizetti) le insidiava. Grazie all’incarico conferito a Leopoldo Pollack (1751-1806), architetto considerato tra i maggiori esponenti del Neoclassicismo dell’epoca, e al lavoro dei migliori artigiani, nel 1807 venne inaugurato il “Teatro della Società” (oggi conosciuto come “Teatro Sociale”). Allievo di Giuseppe Piermarini (col quale collaborò nella progettazione del Teatro alla Scala di Milano), Pollack era stato architetto della Casa d’Austria e, con il regime napoleonico, aveva inizialmente spostato la sua attività dall’area milanese verso la provincia e in particolare a Bergamo dove, in breve tempo, era diventato l’architetto preferito dall’alta borghesia e dall’aristocrazia. Tra i maggiori interventi in Bergamasca vanno annoverati la progettazione di Palazzo Agosti Grumelli a Bergamo e della Villa Pesenti Agliardi a Sombreno, alcuni interventi nel Palazzo Medolago Albani di Città Alta, il progetto per il carcere di Sant’Agata ed il recupero del Castello Montecchio a Credaro.
Un teatro all'italiana ma con la platea alla francese
L’architetto scelse di progettare un teatro all’italiana, con più ordini di palchi, che realizzava l’esigenza di visibilità pubblica delle classi altolocate e dei loro rapporti gerarchici. Per i parapetti lignei degli 86 palchi, Pollack progettò una linea continua, come Piermarini aveva fatto per la Scala, in modo da dare risalto alla dimensione orizzontale degli ordini di palchi e conferire alla forma complessiva della sala una armoniosa uniformità di impronta classica. I parapetti lignei erano ricchi di decorazioni policrome, spesso sgargianti, come i colori delle pareti interne ornate, talvolta, con finti marmi e in contrasto con i materiali poveri della pavimentazioni e delle volte a calce. Sopra i palchi distribuiti su tre ordini sovrapposti, il loggione. Quanto all’impianto della platea, Pollack scelse di non ripetere la pianta a ferro di cavallo dominante a quel tempo optando, invece, per una più ricercata ed elegante forma ovale di stampo francese. L’abbinamento di questa forma con lo sviluppo verticale dei palchi costituisce forse l’aspetto più originale del progetto. A evidenziare “l’aspirazione aristocratica” della ricca borghesia residente nella Città Alta, è interessante ricordare l’incarico affidato nel 1816 all’architetto Giacomo Bianconi (1780-1858), professore di architettura e ornato all'Accademia Carrara, considerato il massimo esponente del Neoclassicismo in Bergamasca (suoi i progetti per Villa Moroni e Villa Zanchi a Stezzano), per reinterpretare il palco del Teatro in occasione della visita dell’Imperatore Francesco I d’Austria.
Nel 1929 l'addio alle rappresentazioni in una Città Alta svuotata
Il Teatro Sociale fu attivo, con alterne fortune, fino al 1929. Le sorti successive furono un riflesso del declino di Città Alta, con le attività commerciali, politiche e culturali che progressivamente “uscivano” dalle Mura e che riconoscevano sempre più nella Città Bassa il centro propulsore della vita sociale e culturale di Bergamo.
Nel 1972 il grido d'allarme: il tetto malandato rovinerà tutto
Quando, nel 1972, Cesare Brandi, uno dei maggiori storici dell'arte e fondatore della teoria del restauro, vide le condizioni in cui versava l’edificio, scrisse: “…In questa città sacrosanta c’è un teatro. Non parlo del “Donizetti”: c’è un altro teatro, il “Sociale” del più grande architetto neoclassico lombardo, il Pollack … E’ malandato ma non in rovina. Certo vi andrà se non si rimedia alla falla che si è aperta sul tetto.
La sua architettura non è inferiore alla Scala né alla Fenice...
Il Teatro Sociale ha i giorni contati. Si è pensato di far nascere la nuova Università di Bergamo sulle ceneri di un capolavoro distrutto: che tale è il Teatro Sociale, architettonicamente non inferiore alla Scala né alla Fenice…”. Fortunatamente, come in tutti i romanzi della Austin, il lieto fine cominciò a concretizzarsi a partire dal 1974, anno in cui il Teatro venne acquistato dal Comune di Bergamo.
... ed è tornata all'antico splendore nel 2009
Negli anni successivi fu messo in sicurezza, completamente restaurato in modo magistrale e restituito alla cittadinanza nel 2009, ritornando così a svolgere la sua funzione sociale e aggregativa in tutta la sua bellezza originaria. Questo splendore, che oggi si può ammirare e fruire, è stato garantito dall’intervento di restauro intrapreso per iniziativa congiunta del Comune di Bergamo e della Sovrintendenza ai Beni Culturali a partire dal 2006, recuperandone, in tal modo, l’originale funzione di teatro. A un’operazione di recupero così delicata e importante hanno lavorato in équipe progettisti del calibro di e ingegnere specializzato in restauro che ha curato a Venezia preziosi interventi su numerose facciate sul Canal Grande e sul Teatro “La Fenice”, e in Azerbaijan sui principali monumenti; Giorgio Croci, professore che annovera interventi e consulenze di prestigio internazionale come il consolidamento della Torre di Pisa, il progetto di restauro del Colosseo e lo spostamento dell’Obelisco di Axum; Intertecnica Group, società di progettazione impiantistica nei settori della meccanica, dell’acustica e dell’elettrotecnica. I lavori sono stati magistralmente eseguiti dall’impresa Ricci e dalla Giovanna Izzo restauri di Napoli. La filosofia di restauro adottata non si è rifatta alla scuola della pura conservazione e nemmeno a quella del ripristino stilistico. Si è trattato di una forma di “restauro conservativo critico”, che ha previsto interventi rispettosi dei materiali tradizionali, con un approccio che non vuole emergere sull’esistente ma soltanto ridare decoro e unitarietà al tutto, ove possibile, senza la necessità di conservare in modo assoluto o di agire con integrazioni e aggiunte imitative.
La nuova platea "scompare" per ospitare mostre ed eventi...
La riorganizzazione della platea rappresenta il focus del progetto poiché costituisce il fulcro di funzionamento dell’intero teatro. E’ stata progettata come uno spazio versatile in grado sia di accogliere il pubblico in occasione degli spettacoli teatrali sia di liberarsi completamente delle poltrone per ospitare allestimenti espositivi temporanei.
... sganciando le poltrone provenienti dal teatro del Carignano
Le poltrone della platea hanno delle caratteristiche uniche in quanto provengono dall’antico teatro ottocentesco del Carignano di Torino e il loro sistema di aggancio a pavimento consente facilmente lo smontaggio e la rimozione delle sedute a blocchi da cinque. La suddivisione dei palchi è stata riportata nella condizione originaria: sono state inserite al primo, secondo e terzo ordine delle nuove pareti divisorie in legno, in modo da configurare una successione di singoli palchetti da quattro spettatori ciascuno invece di uno spazio unico a balconata (come prima dell’inizio dei lavori). Grazie a questi interventi, la capienza complessiva del teatro supera ora i seicentocinquanta posti, nel perfetto rispetto delle normative vigenti per i nuovi edifici teatrali.
Il palcoscenico si apre e la graticcia muove la macchina teatrale
E’ stato inoltre realizzato un nuovo palcoscenico, completamente apribile, con piano in tavole di legno massiccio per assicurare al contempo ottima resa acustica e grande versatilità. Per garantire il miglior funzionamento della “macchina teatrale”, è stata realizzata una “graticcia” sopra al palcoscenico e, sfruttandone gli spazi laterali, nuovi locali per i camerini. La fossa orchestrale è stata dotata di una piattaforma meccanica elevabile su tre livelli. I decori dei parapetti dei palchi hanno ritrovato l’antico splendore così come gli stucchi e le pareti. L’ingresso del Teatro Sociale è privo di portici o colonnati esterni in quanto inserito nell’ambiente medievale della storica via Colleoni, la stretta “Corsarola”. Solo gli elementi decorativi, attinenti al mondo delle arti teatrali, attestano la sua natura di luogo deputato a pubblici spettacoli.
L'intreccio delle travi del soffitto tiene tutti col naso all'insù
La magia sta nel ciò che non ti aspetteresti di trovare una volta varcato l’ingresso: un ambiente elegante e accogliente, con meravigliosi ornamenti a stucco e, una volta in platea, la raffinatezza dei palchi in legno finemente decorati e il particolare intreccio delle travi del soffitto. Oggi, diversamente dal Donizetti, il Teatro Sociale non programma stagioni di lirica e prosa in successione tra loro ma, concepito come la “Casa delle Arti”, ospita una serie di rassegne ognuna delle quali dedicata a un particolare filone artistico. Esse non si susseguono tra loro ma, intersecandosi, compongono in modo diversificato e originale l’anno artistico del Sociale stesso. Ciò permette anche ai turisti di potersi accostare a spettacoli differenti e di poter godere di un’offerta culturale variegata, capace di incontrare e soddisfare i gusti di un pubblico sempre più allargato. Questo è un ulteriore gran merito del “nuovo” Teatro Sociale che riqualifica ulteriormente la Città Alta, restituendole la dignità di luogo vivo del fare cultura, oltre ad apparire come lo splendido museo a cielo aperto che bergamaschi e visitatori conoscono da tempo. Il restauro del "Sociale" ha visto i progettisti e realizzatori dell’intervento ricevere importantissimi premi e riconoscimenti:Medaglia d’argento al Premio internazionale di restauro architettonico “Domus – Restauro e Conservazione” nel 2010; Premio “European Union Prize / Europa Nostra Award” indetto dalla Comunità Europea nel 2014; Premio “The Best in Heritage” nel 2015 come uno tra i migliori interventi già premiati nel 2014
Testo realizzato da Elisabetta Longhi per www.ilmadeinbergamo.it (Un ringraziamento particolare all’architetto Massimo Carminati e alla Berlucchi S.r.l. per la cortese collaborazione fornita).
In che giorni e orari è visitabile il teatro? Grazie, Mariangela.
Buongiorno, è possibile visitare il Teatro Donizetti e il Teatro Sociale previa prenotazione, Anna Arizzi, e-mail: aarizzi@comune.bg.it oppure tramite visita guidata.
Lo scorso anno sono stato ospite di un mio amico di Bergamo: voleva farmi visitare il teatro, ma era chiuso. Quando posso venire a visitarlo ? In quella occasione era chiuso anche il palazzo della Ragione…