Ci sono fasi nella vita di una persona in cui è più naturale, facile comprendere meglio alcuni valori: come, per esempio, il bene che si deve avere per la natura, per l'importanza di mantenere un pianeta più “pulito”, sostenibile. Che non inquini e, di conseguenza, non faccia ammalare. Accade per esempio nella fase più giovane della vita quando gli ideali sono "vangelo", intoccabili e incontestabili. Ma accade anche nella fase più avanzata, della vita, quando a volte proprio gli ideali cullati da giovani tornano a farsi sentire prepotentemente. Alimentati in molti casi dal fatto di essere diventati non solo genitori, ma anche nonni, quando capita di pensare al pianeta che verrà lasciato in eredità a quelli che oggi sono solo “cuccioli di uomo”. Pensieri che fanno scattare in automatico meccanismi di difesa, di protezione che a volte, nella fase più “centrale” della vita, quando le priorità sono il lavoro, la carriera, si perdono per strada. Piercarlo Ghinzani, uno che la strada la conosce come pochissimi altri (pilota di Formula 1 ha corso oltre 100 Gran premi, la maggior parte dei quali con la scuderia Osella, ma con esperienze anche in Ligier e in Toleman, oltre che protagonista di ottimi test fatti con la Tyrrel e protagonista di una trattativa con la scuderia Williams che alla fine però gli preferì Nigel Mansell) da quei valori si è fatto guidare invece durante tutta la sua vita, senza mai perderli di vista, nella consapevolezza, di quanto sia importante costruire una cultura della salute del pianeta e, dunque, di chi lo abita e lo vive. Una consapevolezza che è andata crescendo sempre più negli anni, soprattutto in quelli della terza età ("proprio diventando nonno, guardando con un occhio i nipotini e con l'altro una terra sempre più sporca, avvelenata, compromessa”, come confessa sorridendo al pensiero dei nipotini e rabbuiandosi invece a quello di una terra "sempre meno sostenibile ma anche sostenuta, nonostante i tanti appelli”) e che lo ha portato addirittura a “mettersi al volante” di una nuova impresa che possa fornire un contributo concreto, realmente importante, per la salute del pianeta. E di chi ci vive. Fondando la Gbc Italian Style, azienda produttrice di capi d’abbigliamento tecnico, ma anche calzature, “conformi alle normative Cam, sigla che significa criteri ambientali minimi, riciclabili e dunque ecosostenibili ma soprattutto non dannosi per la salute”, come evidenzia l'ex pilota di F1 prima di ogni altra cosa seduto alla scrivania del proprio ufficio, dal quale è possibile vedere i magazzini nei quali sono appese centinaia di giacche idrorepellenti. Giacche (in questo caso realizzate per gli agenti di polizia municipale, fra i principali clienti della Gbc Italian Style, ma realizzabili – e personalizzabili – per qualsiasi altra categoria di lavoratore) “che non risultano dannose per la salute come purtroppo accade invece in molti casi, minacciati proprio da capi d'abbigliamento indossati”. Una minaccia reale quanto potenzialmente grave – come conferma una pila di documenti scientifici impilati sulla scrivania e messi a disposizione di chiunque voglia approfondire la cosa, “ma che ancora in pochissimi conoscono”, come aggiunge l’imprenditore alla guida dell’azienda che ha creato nel 2016 “proprio dopo aver scoperto che il rischio d’ammalarsi può nascondersi anche nei capi che vengono indossati”. Come e perché? “Colpa delle membrane utilizzate nelle giacche idrorepellenti, a prova d’acqua, dei tessuti realizzati con materiali in Ptfe e Pfas, dannosi e cancerogeni”, come sottolinea Piercarlo Ghinzani e come è evidenziato a chiare lettere anche nella brochure aziendale che mette subito in chiaro come l’azienda sia nata con il principale obiettivo di “creare per riciclare e inquinare meno” producendo “tessuti tecnici di nuova generazione non tossici”. Con quel “non tossici” assicurato proprio dal fatto che i capi d'abbigliamento “non contengono Ptfe, comunemente noto come teflon, e Pfas, a differenza di altri normalmente in commercio”. Ptfe e Pfas: due piccoli acronimi perfettamente conosciuti da chi si occupa di difesa della salute, delle persone e dell'ambiente. Compresi i responsabili di GreenPeace, autori di un dettagliato dossier relativo a una condanna, inflitta dal Consiglio di Stato del Belgio, proprio per inquinamento da Pfas. Un documento diffuso dai volontari dell'associazione accompagnato dall'invito a tutti i cittadini italiani a firmare una petizione per mettere al bando queste sostanze. “Per l’esattezza sostanze alchiliche perfluorurate e polifluorurate, note come sostanze chimiche permanenti, in quanto sono estremamente persistenti nel nostro ambiente e organismo che possono avere effetti negativi sulla salute come danni al fegato, malattie della tiroide, obesità, problemi di fertilità e cancro”, aggiunge Piercarlo Ghinzani leggendo uno dei numerosissimi testi scientifici che ha accumulato negli anni documentandosi “da uomo particolarmente sensibile alla tutela dell’ambiente e al pianeta che lasceremo in eredità ai nostri figli e nipoti”, come ribadisce concludendo a sua volta con un invito: quello a contribuire a "combattere la scarsa sensibilità che molti altri italiani ancora hanno su questi temi, facendo informazione, serie e scientificamente provata, aumentando la conoscenza dei pericoli che possono nascondersi in una normalissima giacca tecnica. Perché il problema di fondo", conclude, "è proprio questo: la scarsa informazione su questi temi, in particolare in Italia mentre in altri Paesi europei si è intervenuti in maniera già importante, sospendendo certe produzioni. La triste realtà è che per troppo tempo la ricerca nel settore tessile è stata finalizzata quasi esclusivamente a realizzare prodotti sempre meno costosi, e dunque con maggior margine di guadagno, a scapito dei possibili effetti collaterali sulla salute, come quelli provocati dai tessuti realizzati con materiali in Ptfe e Pfas, potenzialmente cancerogeni come la scienza medica ha riconosciuto. E come ha confermato anche la “politica”: nel marzo 2023 un decreto del ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica ha infatti dettato le linee guida per le forniture ma anche il noleggio di prodotti tessili individuando precise limitazioni ed esclusioni di determinate sostanze chimiche pericolose lungo il ciclo di vita. Come appunto il Ptfe, polimero chimico che presenta per di più un ulteriore aspetto negativo visto che le membrane applicate per impermeabilizzare un tessuto vengono lavorate a caldo, generando così l’effetto fusione e creando un corpo unico e inseparabile. Una tecnica che di fatto impedisce la possibilità di lavorazione del tessuto per una nuova filatura impedendo di riciclare. Ma riciclare non dovrebbe essere una delle manovre alla base della svolta green? E gli esempi di “tossicità occulte” del passato, con prodotti dannosi per la salute rimasti ugualmente sul mercato – penso per esempio ai coloranti “made in China” usati per i giocattoli dei bambini o all’amianto tossico, ma vendutissimo per le coperture dei tetti, perché economicissimo – non dovrebbero far spalancare gli occhi a tutti?”. Domande rivolte da un imprenditore da sempre attento all'ambiente e alla salute, e diventato addirittura attentissimo diventando prima papà e poi nonno... Oltre che prontissimo , da ex pilota, a indicare le strade "vincenti" da seguire. "Come quelle imboccata dalla Francia , primo Paese europeo a mettere al bando i Pfas in cosmetici e tessuti, annunciando che dal 2026 sarà vietata la vendita di prodotti con i cosiddetti inquinanti eterni", conclude Piercarlo Ghinzani mostrando un articolo pubblicato dal quotidiano "La Repubblica". Il Governo italiano ha la possibilità di fare la stessa cosa. Senza neppure dover far fatica: basterebbe "copiare " semplicemente cosa hanno fatto altri, un questo caso appena al di là delle Alpi. Come avviene anche a volte su una pista di Formula 1 "dove a volte per vincere non serve inventarsi chissà quali manovre, ma basta seguire le traiettorie vincenti di chi è più bravo. L'Italia nella lotta ai capi d'abbigliamento pericolosi fino a oggi non ha certo dimostrato d'avere la "stoffa" del campione, ma ha la possibilità di recuperare il terreno perduto".
