Se è vero che lo studio della scrittura di una persona può fornire una diagnosi sulle sue condizioni di “salute mentale” evidenziando la possibile presenza di una patologia psicologica, come sostiene la grafologa Lidia Fogarolo, Salvatore Corea, medico specialista in psichiatria, psicoterapia e medicina delle dipendenze, può tranquillamente accomodarsi sul lettino sul quale, nell'immaginario collettivo, solitamente uno “strizzacervelli” visita i propri pazienti, e autodiagnosticarsi che sta bene. Anzi benissimo, al punto che il lettino, a lui, può servire al massimo per concedersi un sonnellino ristoratore. Magari in attesa di rimettersi a scrivere: una nuova prescrizione, oppure un nuovo romanzo, dopo quello "Il primo volo", edito dal Gruppo Albatros il Filo, 220 pagine, che ha diagnosticato, appunto, meglio di un'ecografia e una Tac, il suo ottimo stato di salute e, soprattutto, di capacità creatività. Leggere, per credere: addentrandosi, pagina dopo pagina, in “una vicenda intricata nell’ambiente affascinante e allo stesso tempo impenetrabile della chimica farmaceutica”, con personaggi “all’apparenza banali che nascondono invece un cupo segreto”, come si legge nella presentazione del libro, e “ dove “tutto si incentra su una sostanza misteriosa attorno alla quale si diramano trame oscure, con in gioco qualcosa che cambierà per sempre le sorti dell’umanità”. Come del resto è avvenuto per la pandemia di Covid-19 durante la quale Salvatore Corea ha compiuto un percorso inverso a quello di Lidia Fogarolo: se la psicologa grafologa "collega (visto che prima di dedicarsi in particolare allo studio della grafologia come strumento principe per lo studio di personalità si è laureata proprio in psicologia) ha messo sotto la lente d'ingrandimento della psichiatrica ogni più minuscolo segno della scrittura alla ricerca di possibili disagi e sofferenze psichiche, Salvatore Corea è infatti partito proprio dai disagi e dalle sofferenze più profonde vissuti dall'Italia negli ultimi decenni, con la pandemia di Covid -19 che ha fatto una vera e propria strage nella sua terra, Bergamo, per far decollare il suo “volo letterario". Raccontando, come spiega lo stesso autore, "l'eterna lotta fra il bene e il male, narrata attraverso la logica degli western all'italiana, di cui ho fatto scorpacciata nella mia infanzia e nella mia formazione cinematografica, al cinema dell'oratorio del paese dove ho trascorso buona parte della mia infanzia e dove buoni e i cattivi sono ben definiti, come la sorte che li attende.” Una sorte che ai lettori del romanzo viene svelata solo nelle ultimissime pagine del libro che lo psichiatra romanziere, (direttore sanitario delle dipendenze allo Smi del Centro Aga di Treviglio e titolare di uno studio medico -psicologico a Bergamo, perito psichiatra dei tribunali di Brescia e Bergamo e docente della Scuola di specializzazione in psicoterapia sistemico-dialogica “Il Conventino” di Bergamo) ha deciso di firmare con lo pseudonimo di “Toresal”, "soprannome" che utilizza fin dagli anni trascorsi sui banchi del liceo classico Paolo Sarpi, in Città Alta. Anni in cui aveva già iniziato ad appassionarsi alla scrittura (che l'avrebbe portato a collaborare con testate locali e a pubblicare nel 2000 il romanzo “Il leone di San Marco”); anni in cui probabilmente aveva fatta già deciso che "da grande" avrebbe curato la mentre e l'anima delle persone , ma sognando anche di poter un giorno entrare in una biblioteca e trovarci un proprio libro. Con ben chiara in mente l'antica iscrizione incisa sopra la porta della biblioteca di Tebe: “Medicina per l’anima”.